Come stabilito dalla legge 62/2000, il nostro sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole pubbliche statali e dalle scuole non statali paritarie gestite dai enti privati e/o religosi e dagli enti locali.
Fu una legge rivoluzionaria, dopo più di 50 anni il Parlamento attua l’art 33 comma 3 della Costituzione:
La legge nel fissare i diritti e gli obblighi della scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”.
Un articolo il cui principio di fondo, ricorda il segretario Cei, “è il diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione”
Non dimentichiamo che fu questa una legge molto contestata dalla sinistra “statalista” che osteggiava l’idea di un servizio pubblico di più ampio respiro garantito anche dalle scuole paritarie. come precisato nella Circolare Ministeriale 31/2003 “il gestore (sella scuola paritaria ndr)…. è garante della identità culturale e del progetto educativo della scuola, ed è responsabile della conduzione dell’istituzione scolastica nei confronti dell’Amministrazione e degli utenti”.
E’ sempre l’art 33 co. 2 a suscitare molte discussioni che ancora oggi risuonano: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
Le discussioni in Assemblea Costituente sul tema delle sovvenzioni alle scuole non statali furono molto accese, e videro (come accadde per altri articoli) una forte contrapposizione fra laici e cattolici (contrapposizione del resto completamente o quasi assente su altri argomenti, per i quali ci fu invece concordanza di idee). Si faceva la distinzione tra l’obbligo (di finanziare), che per lo Stato non poteva che riguardare le sole scuole statali, e la facoltà (di finanziare o meno), esercitabile su base discrezionale.
Massimo Vernola (avvocato amministrativista e consulente giuridico Assoscuola Puglia e FISM Puglia): Ancor oggi, nonostante molti ricorsi di incostituzionalità del finanziamento pubblico delle scuole paritarie, la Corte Costituzionale non ha mai espresso una sentenza in tal senso, anzi ha interpretato i concetti posti dall’art. 33, 3° comma, Cost., argomentando che si tratta “di una prestazione pubblica che ha come destinatari diretti gli alunni e non le scuole” (in Giur. Cost., 1994, 3936)
In realtà le scuole paritarie sono state e sono un grosso risparmio per lo Stato. Infatti molte scuole paritarie sono andate avanti attraverso le missioni religiose «Gran parte delle scuole paritarie sono cattoliche- spiega Francesco Ciccimarra, presidente dell’Agidae, l’Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica – ma sono diminuite le vocazioni religiose, per cui abbiamo più personale laico, il che significa un aumento dei costi e delle rette: un danno serio per le famiglie, che finiscono per non avere più una libertà di scelta educativa, come prescrive la Costituzione».
Dunque il problema della diminuzione del numero di suore è oggettivo. Non si può far finta di niente!
Che fare?
Soluzione ideale:
Il Comune mantiene le sue 6 scuole paritarie (ente gestore il Comune, come ora), attraverso un bando recluta il personale mancante rispetto alle 6 educatrici comunali 6 e alle 6 suore in possesso dei titoli professionali richiesti per l’insegnamento lasciandole (le suore) la dove hanno sempre insegnato soprattutto in virtù dell’importante continuità didattica.
Per la permanenza delle suore penso che anche la stessa legge 62 co.5 possa offrire alcuni spunti amministrativi.
Sarà possibile trovare una soluzione senza scomodare “l’infungibilità”.
La scuola paritaria , al contrario della scuola privata, deve garantire un progetto educativo in armonia con le principali normative della scuola statale.
Credo fermamente che la mescolanza, ancora possibile, di insegnanti religiose e laiche sia una vera ricchezza per la comunità.
La Consigliera Comunale Marina Aramini