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Patti di collaborazione e amministrazione paragonati a “subappalti”, LBC: “chi lo dice, non sa di cosa parla”. La replica a Valletta

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Chi descrive i patti di collaborazione e l’amministrazione condivisa come “subappalti” semplicemente non sa di cosa parla. Oppure lo sa, ma preferisce che passi il solito messaggio antipolitico e superficiale.

I patti di collaborazione e l’amministrazione condivisa si fondano su un principio costituzionale che è quello della sussidiarietà orizzontale, che permette ai cittadini di mettere in campo in prima persona azioni di cura di luoghi e bisogni della comunità per raggiungere obiettivi comuni. Si tratta di un diritto dei cittadini, che partecipano in maniera libera e volontaria e che in tale maniera lo esercitano: ciò avviene mediante la costruzione di un percorso con l’ente di riferimento, che non subappalta niente, ma si accorda con i cittadini per le gestione condivisa di un bene pubblico destinato all’utilizzo da parte della comunità. Si tratta inoltre di accordi volutamente di breve durata, proprio perché nessuno si senta in obbligo. È anche un processo dinamico: ci sono esperienze che si rinnovano, altre che terminano o che si modificano. Tutte sono comunque in attuazione di un diritto. Poi è chiaro che possono arrivare sollecitazioni da parte dei sottoscrittori dei patti, per migliorare dei servizi: esse non cadono nel vuoto, ma anzi sono accolte e danno luogo ad una continua rimodulazione delle risposte: un elemento essenziale dei patti è anche trovare soluzioni condivise; il problema non è mai di una sola parte, ma è qualcosa che si risolve insieme. Criticità e complessità possono essere discusse e risolte, ma discriminare uno strumento valido e legittimo non serve davvero a nessuno.

In Italia esiste una rete nazionale di progetti di amministrazione condivisa (Labsus), che ha dato forma ad una infinità di esperienze di collaborazione tra enti e comunità per la gestione di beni e servizi pubblici. Latina orgogliosamente ne fa parte e l’introduzione di questo strumento è stata una vera novità, molto apprezzata e con tante esperienze positive.

Per quanto riguarda il ripristino di una parte dell’arenile da parte dei privati che lo utilizzano, è invece una pratica utilizzata da anni anche in altri comuni balneari. Solo a Latina è rimasta finora sconosciuta, con il tentativo nel caso del consigliere Valletta di farla passare per una stortura dell’amministrazione: in realtà si tratta di una cosa assolutamente normale. In un contesto economico, geografico e naturalistico dove il fenomeno dell’erosione è all’ordine del giorno, è legittimo da parte di chi lavora sul mare voler impegnare una parte dei propri guadagni per il mantenimento o il ripristino della zona demaniale che gli interessa.

Consiglio generale LBC