Una domenica mattina, la città indolente si è svegliata, infastidita da un vociare sommesso. Lentamente fiumi di colori hanno preso forma, allineati sorridenti e spesso scalzi con i loro turbanti per celebrare l’anniversario della nascita del primo guru e fondatore della religione sikh Nanak Dev vissuto tra il 1469 ed il 1539. Sono gli indiani Sikh, parte di quel popolo sommerso e nascosto che da anni brulica nelle nostre campagne, che in silenzio per due euro l’ora vengono drogati e sfruttati, le cui donne vengono emarginate forse solo perché colorate e “diverse”, ma diverse da chi? Diverse da cosa. La cui cultura è antichissima e vivissima, i cui problemi vengono ignorati o peggio. Un corteo pacifico, le cui scimitarre sono solo a difesa non violenta del loro modo di essere, uno stringersi pregando a difesa di loro stessi, della loro criticata identità e cultura. Un mondo apparentemente chiuso, ma con tanta volontà reale di apertura e speranza, di ricerca di condivisione culturale, sociale e morale. In una città indolente, che poco ha partecipato ma tanto ha criticato, forse perché disturbati da tanto colore, da tanta voglia di mostrarsi almeno per un giorno non solo come bestie da lavoro, ma come comunità viva che esiste e che vuole uscire allo scoperto pacifica e solidale. Noi li sfruttiamo, li umiliamo, in piccoli gruppetti abbiamo anche inveito contro di loro e loro che fanno? Continuano a sfilare scalzi a testa alta, gettando fiori e sovrastando tutto con una incessante preghiera e pensate un po’, offrendo gratuitamente del cibo tipico a tutti: pane, legumi, involtini di verdure, dolci di zucchero fritto, caffè indiano, che lezione di civiltà.
Una lezione che deve farci pensare, meditare, riflettere, creare comunità spargendo i fiori della cultura, i colori della condivisione e della speranza, ed uniti andare avanti, contro tutto e contro tutti. Solo uniti si può sperare di cambiare, una città indolente si, ma perché sedata nel tempo, risvegliare le coscienze si può e si deve.
Antonio Sorabella